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Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione
Diritto della concorrenza Europa / Intese e responsabilità solidale per il pagamento delle ammende – Secondo il Tribunale UE la Commissione deve rispettare gli obblighi che le derivano dal principio di parità di trattamento nel determinare i rapporti di solidarietà tra imprese ai fini del pagamento delle sanzioni antitrust
Con la sentenza dello scorso 18 ottobre, il Tribunale dell’Unione europea (Tribunale) ha accolto il ricorso proposto da Gea Group (Gea), che nel 2009 era stata sanzionata dalla Commissione europea (Commissione) per un’intesa restrittiva posta in essere nel mercato degli stabilizzanti termici in solido con altre due società allora appartenenti al medesimo gruppo: Chemson Polymer-Additive (CPA) e Aachener Chemische Werke (ACW). Secondo il Tribunale, la Commissione avrebbe violato gli obblighi che le discendono dal principio di parità di trattamento nella determinazione dei rapporti di responsabilità solidale tra le tre diverse compagnie condannate in solido al pagamento delle relative sanzioni antitrust.Questi i fatti all’origine della vicenda: con la decisione del novembre 2009 (la Decisione 2009) la Commissione irrogava a Gea e alle altre imprese sopra menzionate le seguenti ammende: (i) EUR 1.913.971 in solido a Gea, AWC e CPA; e (ii) 1.432.229 in solido a Gea e AWC. AWC segnalava alla Commissione che l’ammenda complessivamente a questa inflitta superava il limite massimo del 10% del fatturato (ossia il limite fissato ex lege per le sanzioni antitrust) e la Commissione procedeva quindi a ridurre l’importo dell’ammenda nei soli confronti di AWC con successiva decisione del 2010 (la Decisione 2010). Nella Decisione 2010 la Commissione ha tuttavia precisato che l’importo dell’ammenda inflitta a Gea e a CPA restava immutato ma che le sanzioni dovevano rideterminarsi come segue: (i) EUR 1.086.129 in solido a Gea, ACW e CPA; (ii) EUR 827.842 in solido a Gea e a CPA; e (iii) 1.432.229 esclusivamente in capo a Gea.
Gea impugnava la Decisione 2010 e il Tribunale nel 2015 la annullava nei confronti di questa, riscontrando la violazione dei diritti di difesa della società da parte della Commissione, la quale non aveva preliminarmente ascoltato Gea prima dell’assunzione della Decisione 2010. Il 29 giugno 2016 la Commissione, dopo aver questa volta debitamente coinvolto nel relativo procedimento tutte le società interessate, adottava una nuova decisione (la Decisione 2016), che, come spesso accade in questi casi, riconfermava invero il contenuto della Decisione 2010.
Gea procedeva quindi ad impugnare la Decisione 2016 lamentando la violazione del principio di parità di trattamento da parte della Commissione, posto che quest’ultima avrebbe ridotto del 100% la parte della sanzione dovuta da ACW in solido con Gea, e solo del 43% la parte dovuta dalla medesima AWC in solido con CPA. Secondo Gea, la Commissione avrebbe dovuto applicare il limite del 10% proporzionalmente all’importo delle due ammende, ossia sia a quella inflitta a Gea in solido con ACW e CPA, sia a quella irrogata a Gea in solido con la sola ACW, e, in definitiva, ripartire diversamente tra i coobbligati in solido la riduzione della parte dell’ammenda al pagamento della quale AWC era inizialmente tenuta.
Il Tribunale, nell’accogliere le censure formulate da Gea sul punto, ha ritenuto illegittimo l’operato della Commissione nella misura in cui, considerata la situazione analoga in cui versavano Gea e CPA, in quanto entrambe società tenute in solido al pagamento di ammende irrogate a ACW, avrebbe dovuto ripartire la riduzione dell’importo dell’ammenda ad ACW proporzionalmente nei due rapporti di solidarietà in causa. Di contro, imputando la riduzione dell’importo dell’ammenda a favore di ACW unicamente a quella inflitta in solido a quest’ultima, Gea e CPA, la Commissione avrebbe violato il principio di parità di trattamento, determinando un pregiudizio nei confronti di Gea senza alcuna giustificazione oggettiva.
Inoltre, il Tribunale ha altresì accolto la censura di Gea relativa all’illegittimo calcolo della data a decorrere dalla quale le ammende inflitte dalla Commissione erano da considerarsi esigibili: la Commissione aveva individuato il 10 maggio 2010 (ossia circa tre mesi dopo la notifica alle società della Decisione 2010, avvenuta nel febbraio 2010). Il Tribunale ha considerato ciò erroneo in considerazione del fatto che la Decisione 2010 era stata impugnata da Gea al Tribunale e successivamente da quest’ultimo annullata nei confronti di Gea con sentenza del luglio 2015, non potendo pertanto tale Decisione 2010 “…servire da fondamento giuridico né dell’obbligazione per la ricorrente di pagare le ammende in causa né della determinazione della data a decorrere dalla quale esse sono esigibili…”. Tale termine, secondo il Tribunale, poteva infatti essere determinato solo a decorrere dalla data di ricezione della notifica della nuova Decisione 2016.
Una pronuncia interessante, quella del Tribunale, che fornisce utili chiarimenti in materia di rideterminazione delle sanzioni antitrust, nell’ipotesi in cui, come nel caso in esame, occorre operare una riduzione dell’importo spettante ad una delle imprese responsabili in solido, non potendo l’autorità antitrust operare trattamenti discriminatori nei confronti di alcune delle restanti imprese coobbligate.
Martina Bischetti
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Diritto della concorrenza Italia / Intese restrittive e settore dei servizi di taxi – L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato apre un procedimento contro la Società Cooperativa Taxi Torino per valutare la sussistenza di condotte abusive nei confronti di Mytaxi
L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha aperto un’istruttoria nei confronti della Società Cooperativa Taxi Torino (Taxi Torino) per valutare la portata abusiva di alcune clausole di non concorrenza contenute nel proprio statuto. La segnalazione è stata effettuata da Mytaxi Italia S.r.l. (Mytaxi o la Segnalante), appartenente al gruppo tedesco Daimler AG, operante nel settore della fornitura di servizi di raccolta e smistamento della domanda del servizio taxi attraverso l’omonima piattaforma aperta.Oggetto di segnalazione sono due clausole dello statuto di Taxi Torino. La prima prevede, attraverso il rimando all’art. 2527 c.c., un obbligo di non concorrenza per i tassisti soci della cooperativa, i quali “…non possono in ogni caso divenire soci della cooperativa…” qualora esercitino in proprio “…imprese in concorrenza con quella della cooperativa…” stessa. La seconda sancisce invece l’esclusione nei confronti del tassista “…che, pur rimanendo socio della cooperativa, aderisca ad altro soggetto titolare o gestore di diverso sistema tecnologico di intermediazione tra domanda e offerta del servizio taxi o, comunque, ne utilizzi le prestazioni…”.
Mytaxi gestisce una piattaforma aperta per lo smistamento e la raccolta della domanda del servizio taxi, a cui si accede attraverso un’apposita app, che si basa sulla possibilità per i tassisti, indipendentemente dalla loro appartenenza ad altre cooperative o altri servizi simili, di aderire liberamente alla piattaforma scegliendo inoltre quando essere reperibili o meno attraverso la stessa. Secondo Mytaxi, posto che Taxi Torino raggruppa oltre il 90% di tutti gli esercenti il servizio di taxi nel relativo comune, le clausole in esame hanno l’effetto di escludere la Segnalante dal mercato e di impedire che possa svolgere la propria attività in concorrenza con Taxi Torino. La Segnalante ha rilevato inoltre l’immediata applicazione delle clausole in oggetto, con l’esclusione, nel settembre 2017 e nel maggio 2018, complessivamente di sei tassisti soci di Taxi Torino che utilizzavano anche l’app Mytaxi. A seguito di queste espulsioni, il numero di iscrizioni a tale piattaforma è diminuito vistosamente, passando da 42 nuove iscrizioni nel giugno 2017 a sole tre iscrizioni nel settembre 2018, con un calo anche dei tassisti effettivamente attivi rispetto al totale degli aderenti all’app.
Nelle sue valutazioni, l’AGCM ha ritenuto che il mercato rilevante coincidesse, dal punto di vista del prodotto, con la fornitura di servizi di raccolta e smistamento della domanda del servizio taxi. L’AGCM ha sottolineato come, in riferimento all’attività di raccolta e smistamento della domanda di servizi taxi, si possa distinguere tra piattaforme “chiuse”, che si basano su un numero di tassisti che lavorano esclusivamente (o in maniera assai prevalente) per la piattaforma, e di piattaforme “aperte” che si servono di tassisti che usano in modo promiscuo vari canali di intermediazione della domanda (come Mytaxi). Tra tali piattaforme vi sono elevate relazioni di sostituibilità su ciascuno dei due versanti: i tassisti, sotto il profilo dell’offerta, utilizzano i diversi canali di procacciamento per allargare la propria clientela; i consumatori, dal lato della domanda, scelgono il canale desiderato in base alle proprie preferenze, dato il contesto di riferimento in cui si trovano ad effettuare la scelta. Pertanto, l’AGCM ha concluso che i vari canali di raccolta della domanda di servizi taxi possono essere considerati sostituibili tra loro, in quanto alternativamente utilizzati per soddisfare il medesimo bisogno. La dimensione geografica del mercato è invece locale, coincidente con il territorio del comune di riferimento.
Con riguardo alla preliminare analisi di compatibilità con il diritto antitrust della prima clausola di non concorrenza, l’AGCM ha rilevato che il divieto di svolgere attività in concorrenza con quella della cooperativa dovrebbe operare solo in quanto indispensabile a garantirne la funzionalità e solo se proporzionato a tal fine. Tuttavia, nel caso di specie, tale obbligo appare idoneo ad impedire od ostacolare l’ingresso nel mercato rilevante di nuovi operatori che offrono servizi innovativi di raccolta e smistamento della domanda senza alcuna previsione di esclusiva. Ciò, in particolare si potrebbe verificare considerandola congiuntamente alla seconda clausola, che prevede l’espulsione dalla cooperativa in caso di adesione a un diverso sistema tecnologico di intermediazione tra domanda e offerta del servizio taxi, nel contesto in cui a Taxi Torino aderisce più del 90% dei tassisti presenti.
Per tali motivi, l’AGCM ha aperto un procedimento istruttorio nei confronti di Taxi Torino, riservandosi inoltre di valutare, una volta sentite le parti, la possibilità di disporre misure cautelari, posta la sussistenza, secondo una preliminare valutazione, del fumus boni iuris e del periculum, posto il rischio di un danno grave alla concorrenza provocato dalle clausole contrattuali in esame.
Sentiremo certamente ancora parlare di questa vicenda.
Leonardo Stiz
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Legal News / Regolazione delle comunicazioni elettroniche e assegnazione delle radiofrequenze - Il Consiglio di Stato si pronuncia sul sistema di attribuzione delle radiofrequenze in Italia
Dopo la pronuncia resa in via pregiudiziale dalla Corte di Giustizia (CdG) il 26 luglio 2017, il Consiglio di Stato ha emesso le sentenze nn. 5928/2018 e 5929/2018 sull’annosa vicenda che ha investito il sistema di assegnazione delle radiofrequenze in Italia.Le questioni all’origine della controversia risalgono al passaggio del sistema televisivo dal sistema analogico a quello digitale. Nell’ormai lontano 2007, la Commissione europea, su segnalazione di Altroconsumo, aveva rilevato l’incompatibilità con il sistema comunitario delle modalità con cui era avvenuta l’assegnazione e gestione delle frequenze radiotelevisive in Italia. L’Italia, in vista della transizione dal sistema analogico a quello digitale e alla correlata necessità di assegnare nuove frequenze, aveva predisposto, in apparente conformità con le indicazioni provenienti dalla stessa Commissione, un impianto legislativo e regolatorio volto, soprattutto, a favorire l’ingresso nel mercato di nuovi operatori. In particolare, anche a seguito di una consultazione pubblica, era stato previsto un beauty contest a cui gli operatori dotati dei requisiti richiesti potevano accedere gratuitamente ad esito del quale, in estrema sintesi, alcuni multiplex sarebbero dovuti essere assegnati a piccoli operatori nuovi entranti sul mercato, mentre la restante parte di multiplex avrebbe potuto essere oggetto di offerta libera da parte di tutti gli operatori.
La vicenda che ne è conseguita - ben nota anche alle cronache – ha visto la sospensione ex lege (ossia, più correttamente, con decreto ministeriale, e successivo decreto convertito nella legge del 26 aprile 2012, n. 44) del beauty contest e la sostituzione di quest’ultimo con una procedura di selezione pubblica onerosa (che, di fatto, impediva la partecipazione di soggetti come Europa Way, che verosimilmente si sarebbe aggiudicata uno dei cinque lotti messi a gara), e secondo criteri che inter alia escludevano gli operatori che già disponevano di tre multiplex (tra cui Persidera, che era risultata aggiudicataria all’esito del beauty contest).
All’esito del contenzioso che ne è derivato, il Consiglio di Stato, investito della vicenda, ha ripreso le argomentazioni contenute nella già richiamata pronuncia della CdG, che, nel rinviare al giudice nazionale la verifica se la procedura di selezione onerosa sostitutiva del beauty contest fosse stata svolta nel rispetto di criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati, aveva di fatto riconosciuto l’incompatibilità di un siffatto intervento normativo sospensivo dello stesso beauty contest con la disciplina europea in materia, che prevede che le funzioni di regolamentazione del mercato televisivo spettino ad una autorità amministrativa indipendente.
Pertanto, il Consiglio di Stato, accogliendo solo parzialmente i ricorsi, con la sentenza n. 5929/2018 ha sostanzialmente riattribuito (ancorché a distanza di tempo) all’Agcom il potere di scegliere in piena autonomia se ”…concludere la gara gratuita [il beauty contest], ex abrupto, interrotta dall’intervento legislativo, o invece far propri contenuti, criteri, condizioni ed esiti della gara onerosa poi svoltasi…”. Il Collegio ha, altresì, dettato alcuni criteri a cui l’Agcom dovrà attenersi, tra i quali quello di una valutazione sollecita, fermo restando il potere della stessa di adottare medio tempore tutte le misure urgenti e necessarie ad assicurare lo svolgimento del servizio audiovisivo.
Peraltro, nell’ambito del passaggio tra le due tecnologie (da analogico a digitale), Persidera si era vista assegnare un solo multiplex, mentre Rai e Mediaset avevano potuto beneficiare di due multiplex (anche facendo leva sulla necessità di assicurare continuità della diffusione dei programmi). Persidera era, quindi, ricorsa al giudice amministrativo per ottenere un multiplex supplementare (successivamente ottenuto ma solo a seguito dell’ingresso nel capitale sociale da parte di Rete A) o, in alternativa il risarcimento per il danno subito.
Anche sulla scorta della pronuncia della CdG, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5928/2018, ha ora riconosciuto che il sistema di conversione delle frequenze adottato non fosse ossequioso dei principi di non discriminazione, trasparenza, libertà di concorrenza e proporzionalità, peraltro in un contesto in cui Rai e Mediaset già esercivano illecitamente alcune reti sul digitale in violazione dei limiti anti-concentrativi previsti dalla normativa italiana di settore e con ciò detenendo un vantaggio concorrenziale indebito.
Tuttavia, anche in considerazione dei prossimi accadimenti che interesseranno il settore (refarming della banda 700 MHz oggetto dalla gara per il 5G e il passaggio dalla tecnologia DBV-T1 a quella DVB-T2), il Collegio ha ritenuto di non annullare la pianificazione delle frequenze attualmente vigente, invitando, comunque, l’Agcom (e il Mise) a tenere conto delle dinamiche pregresse ai fini della predisposizione del nuovo piano nazionale di assegnazione delle frequenze (previsto per il 2018, ma che potrebbe, a questo punto, slittare al 2019).
Filippo Alberti
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Regolazione del settore energetico e sistemi di fatturazione – L’ARERA dice sì alla consultazione sugli impegni proposti da E.ON Energia sui sovrapprezzi richiesti per l’emissione delle fatture in formato cartaceo
Come già avvenuto nel caso di Sorgenia S.p.A. (si veda la newsletter dello scorso 8 ottobre), con la deliberazione n. 507/2017/S/com l’Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente (ARERA) ha dichiarato ammissibili gli impegni presentati da E.ON Energia S.p.A. (E.ON) nel procedimento istruttorio avviato lo scorso 19 aprile (con la determinazione DSAI/29/2018/com) per asserite violazioni in materia di fatturazione dei consumi energetici e, segnatamente, per l’applicazione di specifici corrispettivi al cliente finale per la ricezione delle fatture.Come nel caso di Sorgenia S.p.A. ed Edison Energia S.p.A., anche il procedimento avviato nei confronti di E.ON trae origine dalla trasmissione effettuata da parte dell’AGCM dei verbali istruttori afferenti un procedimento sanzionatorio avviato nei confronti della stessa società in quanto era emersa una possibile violazione rientrante nella competenza dell’ARERA. In particolare, dal sito internet di E.ON, nella parte in cui erano riportate le condizioni contrattuali delle offerte “casa” per la fornitura di energia elettrica ai clienti domestici, era risultata l’applicazione di un sovrapprezzo pari ad euro 0.50 al mese per la ricezione della fattura cartacea. A seguito di un contraddittorio tra E.ON e l’ARERA, quest’ultima ha deciso di avviare il procedimento in questione, contestando la violazione di alcune disposizioni contenute nel Decreto legislativo n. 102 del 2014 (Decreto), con cui veniva attuata la direttiva 2012/27/UE e delineato un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell’efficienza energetica. In particolare, l’art. 9 del Decreto attribuisce all’ARERA il compito di assicurare che non siano applicati specifici corrispettivi ai clienti finali per la ricezione delle fatture; l’art. 16 predispone il relativo regime sanzionatorio, prevedendo, inter alia, l’irrogazione di una sanzione pecuniaria per la violazione del sopra citato art. 9 per un importo ricompreso da 300 a 5.000 euro per ciascuna violazione che, teoricamente, può essere interpretato come una sanzione per ogni fattura emessa e per la quale è stato richiesto un pagamento addizionale.
A fronte di tali circostanze e soprattutto del sopra citato regime sanzionatorio, E.ON – in data 18 maggio 2018 – ha presentato degli impegni, i quali sono ora stati ritenuti ammissibili dall’ARERA e possono essere sintetizzati come segue:
- la restituzione a tutti i clienti domestici, con contratto sia attivo, sia cessato, per la fornitura di energia elettrica o gas naturale, dei corrispettivi di c.d. postalizzazione addebitati dal mese di luglio 2014 in avanti, unitamente all’IVA, se applicata. E.ON si impegna ad assicurare il riconoscimento di tale rimborso direttamente nella prima bolletta utile per i consumatori che risultino ancora attivi e comunque entro 120 giorni, e mediante l’invio di assegno di traenza per i consumatori che non risultano più clienti attivi entro 8 mesi;
- E.ON ha proposto anche ulteriori misure poste a tutela dell’ambiente, che si sostanziano nel riconoscimento di un bonus del valore di euro 15 a tutti gli attuali clienti per la fornitura di energia elettrica e gas che decidano di rinunciare al ricevimento della bolletta cartaceo e di ricevere la bolletta on-line. Tale bonus è una tantum ed aggiuntivo rispetto alle preesistenti politiche di incentivazione, che già prevedono un bonus mensile di 0,50 euro per tutti i clienti che passano alla bolletta on-line, a prescindere dalle modalità di pagamento degli stessi. Per quanto riguarda le tempistiche, ai clienti verrà data informativa della possibilità di aderire alla bolletta on-line con il suddetto bonus entro 6 mesi dal momento in cui l’ARERA renderà eventualmente obbligatori gli impegni in questione. La facoltà di aderire potrà essere esercitata dia clienti entro 6 mesi dall’informativa e l’accredito avverrà nella prima fattura utile e comunque entro 120 giorni dall’adesione alla bolletta on-line;
- infine, tenendo conto della delicata e importante fase di transizione verso una totale liberalizzazione dei mercati e della fondamentale necessità che il consumatore eserciti la propria libertà di scelta con la certezza del rispetto da parte degli operatori della disciplina di settore, E.ON si impegna ad attuare, rafforzandola, l’attività di verifica e controllo del rispetto alla vigente normativa e regolazione delle iniziative commerciali proposte dalla stessa società. Tale attività verrà svolta per mezzo del controllo da parte di specifiche figure dell’area di Regulatory management e di Legal & Compliance. Inoltre E.ON si impegna a trasmettere con cadenza annuale (fino ai tre anni successivi alla data di totale apertura dei mercati energetici e comunque non oltre il 31 dicembre 2022) alla Direzione Sanzioni e Impegni e alla Direzione Mercati Retail e Tutele, un report recante l’esito della predette attività di verifica e controllo.
Non resta che valutare quelle che saranno le eventuali osservazioni presentate dai soggetti terzi con riferimento alle sopra citate misure proposte, che potranno pervenire all’Autorità entro il 17 novembre.
Gloria Panaccione
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