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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione

Diritto della concorrenza Italia / Concentrazione e settore della pay tv – L’AGCM avvia un’istruttoria in relazione all’operazione di concentrazione Sky – R2 (Mediaset Premium)

Lo scorso 8 marzo, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha pubblicato il provvedimento  con il quale ha avviato il procedimento di valutazione approfondita (c.d. fase 2) dell’acquisizione (l’Operazione) da parte di Sky Italian Holdings S.p.A. (Sky), che controlla Sky Italia S.r.l., di R2 S.r.l. (R2), in cui è stata conferita la piattaforma tecnico-operativa del digitale terrestre di Mediaset Premium S.p.A. (Mediaset Premium). Si tratta del ramo di azienda che opera a livello tecnico-amministrativo e presta i servizi per la trasmissione in tecnica digitale terrestre, quali, ad esempio, la crittografia del segnale, nonché la gestione commerciale e della clientela dell’attività di Pay-TV di Mediaset Premium.

La cessione di R2 da Mediaset a Sky si inserisce nell’ambito di un accordo (che attiene sia ad aspetti tecnici, sia a contenuti) più ampio tra queste due società, concluso nell’aprile del 2018, che contempla, tra l’altro, la fornitura da parte di Elettronica Industriale S.p.A. (società del gruppo Mediaset) della capacità trasmissiva per consentire la predisposizione dell’offerta commerciale di Sky sul digitale terrestre (anche a pagamento), la licenza esclusiva di canali, film e serie tv di Mediaset Premium (editi dal gruppo Mediaset) da inserire nell’offerte Sky sulle piattaforme disponibili (in base alla quale Sky risulterebbe l’unico soggetto in grado di trasmettere la quasi totalità della produzione cinematografica delle major statunitensi), e altre pattuizioni inerenti al passaggio di proprietà della numerazione LCN relativa ai canali televisivi presenti sul digitale terrestre nell’offerta a pagamento di Mediaset Premium, tale per cui Sky arriverebbe a detenere il 70% di tale numerazione destinata ai servizi TV a pagamento sul digitale terrestre, potendo in ipotesi determinare una barriera all’ingresso per eventuali nuovi operatori Pay –TV.

Secondo quanto indicato dall’AGCM nel provvedimento in commento, l’Operazione, congiuntamente all’insieme di tali accordi, permette a Sky di ottenere la piattaforma tecnologica necessaria per raggiungere un’ampia platea di clienti finali sul digitale terrestre (a pagamento). Inoltre, acquistando R2, Sky potrà accedere alle informazioni sulla customer base di Mediaset Premium, e sfruttarle, quindi, da un punto di vista commerciale.

Da un punto di vista più strettamente concorrenziale, l’AGCM rileva come l’Operazione andrebbe a rafforzare la posizione di fatto dominante di Sky nei mercati qualificati dalla stessa AGCM come rilevanti (si pensi, in particolare, al mercato della Pay –TV, in cui Sky aggiungerebbe un altro 18% alla propria quota di mercato attualmente stimabile intorno al 77%, eliminando in pratica l’unico concorrente esistente, realizzando una vera e propria “merger to monopoly” con il probabile effetto di un aumento dei prezzi), e pertanto sarebbe idonea a determinare gli stessi effetti che si sarebbero verificati se Sky avesse inteso procedere all’acquisizione dell’intera Mediaset Premium.

Sarà, pertanto, particolarmente interessante seguire gli sviluppi dell’istruttoria avviata dall’AGCM con il provvedimento in commento, dal quale sembrerebbe, comunque, emergere in maniera piuttosto chiara la leva commerciale dell’operazione rappresentata dalla volontà di Mediaset Premium di uscire dal mercato della televisione a pagamento.

Filippo Alberti
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Intese e settore del cemento –Il Consiglio di Stato riduce la sanzione irrogata dall’AGCM a Cementi Rossi in considerazione della “realtà economica nella quale opera l’impresa”

Con la sentenza del 6 marzo scorso il Consiglio di Stato (CdS) ha accolto, limitatamente al profilo della quantificazione della sanzione, il ricorso della società Industria Cementi Giovanni Rossi S.p.A. (Cementi Rossi) avverso la sentenza con cui il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio (TAR) aveva confermato il provvedimento (Provvedimento) dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che accertava la sussistenza di un’intesa restrittiva della concorrenza volta al coordinamento dei prezzi di vendita del cemento tra i principali operatori attivi sul mercato della produzione e commercializzazione del cemento e l’associazione di categoria AITEC. La sentenza del CdS nei confronti della società Cementi Rossi segue quelle già rese nei confronti delle società Italcementi (ricorso accolto limitatamente ai profili di quantificazione della sanzione) e Sacci (ricorso respinto) con riferimento alla medesima intesa.

In particolare, il provvedimento dell’AGCM, confermato dal TAR, aveva accertato la sussistenza di un’intesa orizzontale in violazione dell’articolo 101 TFUE, volta a fissare direttamente o indirettamente i prezzi di acquisto o di vendita del cemento attraverso il comportamento contestato che consisteva nel “…coordinamento dei prezzi di vendita del cemento ed era assistito anche da un controllo sistematico dell’andamento delle quote di mercato relative, realizzato tramite uno scambio di informazioni sensibili…”. Cementi Rossi ha impugnato la sentenza del TAR sulla base di tre ordini di motivi.

Con il primo ordine di motivi era contestata la definizione del mercato rilevante come nazionale, censura respinta dal CdS che – richiamando la sentenza già resa sul medesimo Provvedimento con riferimento alla posizione di Italcementi – ha evidenziato, a dire il vero in maniera alquanto laconica e contraddittoria, come gli effetti che l’intesa aveva prodotto sul mercato dimostrassero in concreto la dimensione nazionale del mercato rilevante. Invero, sul punto il CdS richiama in primo luogo la “..sequenza di salti verso l’alto proprio in corrispondenza degli incrementi dei prezzi nominali…”, senza peraltro chiarire perché questi siano indicativi di una intesa a livello nazionale e senza porsi alcuna domanda circa il valore assoluto di siffatti prezzi (laddove è evidente che se vi sono prezzi diversi in relazione ad aree geografiche diverse, quest’ultime sono per definizione mercati distinti); inoltre, il CdS dà rilievo alla (relativa) stabilità delle quote di mercato relative delle imprese coinvolte accertata dall’AGCM nel Provvedimento, anche in questo caso senza spiegare perché ciò sia indicativo del carattere nazionale dell’intesa.

E’ stato ritenuto infondato anche il secondo ordine di motivi con il quale Cementi Rossi contestava gli errori di valutazione commessi dal TAR nell’apprezzamento degli elementi di prova addotti dall’AGCM. Il CdS, infatti, ha ritenuto non plausibile, in presenza di una serie di indizi gravi, precisi e concordanti, che il parallelismo dei comportamenti di prezzo tenuto dalle parti fosse effetto delle normali dinamiche di mercato e ha considerato tale circostanza confermata dall’esistenza di contatti e scambi di informazioni tra le parti aventi ad oggetto le proprie iniziative e strategie di mercato. Gli elementi di prova di segno contrario addotti dalla ricorrente sono stati ritenuti insufficienti.

Infine, con il terzo ordine di motivi, Cementi Rossi lamenta i criteri adottati dall’AGCM nella quantificazione della sanzione, che non avrebbero tenuto conto della gravità – intesa dal punto di vista oggettivo e soggettivo – delle violazioni imputate alla società. Il CdS, nell’accogliere il motivo, rileva il dato incontestato che la ricorrente, nel 2015, aveva una quota sul mercato nazionale pari al 5% e la sanzione inflittale era significativamente (in un caso anche il doppio) superiore a quella irrogata ad altre società parti del procedimento con quote di mercato analoghe o maggiori. Pertanto il CdS, chiarendo che alla luce del principio di proporzionalità e di ragionevolezza “…non è giustificato – sia in assoluto, ossia con specifico riguardo alla condotta addebitata all’incolpata, che in senso relativo, vale a dire con riferimento a quanto stabilito per lo stesso fatto a carico di imprese terze parti dell’intesa – calcolare la sanzione, parametrata ad una quota del fatturato, senza tenere in alcun conto la realtà economica entro la quale opera l’impresa sì da pervenire al risultato di quantificare la sanzione pecuniaria in modo sproporzionato sia in senso assoluto che relativo…” ha riconosciuto a Cementi Rossi una riduzione del 20% sull’importo della sanzione.

Resta ora da vedere se il CdS confermerà la linea assunta finora anche con riferimento agli appelli ancora pendenti presentati dalle altre parti dell’intesa accertata dall’AGCM.

Roberta Laghi
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Tutela del consumatore / Pratiche commerciali scorrette e settore delle telecomunicazioni – L’AGCM ha avviato tre procedimenti per inottemperanza nei confronti di Telecom, Wind3 e Fastweb al fine di accertare la reiterazione, da parte di quest’ultime, delle condotte illecite oggetto di precedente provvedimento sanzionatorio

Lo scorso 13 febbraio, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM o l’Autorità) ha avviato tre procedimenti per inottemperanza nei confronti delle seguenti società attive nel settore delle telecomunicazioni: Telecom Italia S.p.A. (Telecom), Wind Tre S.p.A. (Wind3) e Fastweb S.p.A. (Fastweb) (congiuntamente le Società) al fine di accertare la reiterazione da parte di quest’ultime delle violazioni del Codice del Consumo – concernenti le offerte da queste presentate in relazione alla ‘fibra ottica’ – precedentemente oggetto di tre separati provvedimenti sanzionatori, tramite cui l’Autorità aveva imposto alle suddette Società un’ammenda pari a, rispettivamente, € 4.800.000 (oggetto di precedente commento in questa Newsletter), € 4.250.000 e € 4.400.000.

Con i sopra-citati provvedimenti, l’AGCM ha stabilito che le Società interessate avrebbero posto in essere due distinte pratiche commerciali scorrette in relazione alle loro offerte concernenti i servizi di connessione ad internet tramite fibra ottica. Queste, infatti, avrebbero, in primis, omesso (o comunque non adeguatamente evidenziato) informazioni rilevanti circa: (i) le caratteristiche proprie delle summenzionate offerte; (ii) le limitazioni di varia natura (tecnologica, geografica di copertura della rete e di capacità trasmissiva) insite nei servizi proposti; nonché, infine, (iii) le differenze di servizi disponibili e di performance collegate alla diversa scelta dell’infrastruttura utilizzata per offrire il collegamento. In secundis, ad avviso dell’AGCM, le Società interessate avrebbero inoltre indicato in maniera imprecisa e scorretta il prezzo complessivo dell’offerta in questione. In particolare, Telecom e Fastweb avrebbero accuratamente evitato di informare il consumatore circa il fatto che per raggiungere la velocità massima di navigazione quest’ultimo avrebbe dovuto sopportare una maggiorazione rispetto al prezzo inizialmente indicato nell’offerta. La campagna pubblicitaria lanciata da Wind3, invece, avrebbe omesso di indicare che il prezzo presentato era destinato esclusivamente ai proprietari di un contratto di telefonia mobile precedentemente sottoscritto con la società stessa.

L’AGCM ha, quindi, sostenuto che le campagne pubblicitarie sopra-descritte – in quanto utilizzanti in maniera indiscriminata il termine omnicomprensivo ‘fibra’ e messaggi promozionali enfatizzanti esclusivamente le massime prestazioni in termini di velocità di connessione (senza nulla dire circa i relativi limiti) – non avrebbero permesso al consumatore di poter individuare consciamente e chiaramente gli elementi del servizio offerto, inducendolo, così, a sottoscrivere dei contratti di servizio che non avrebbe concluso in presenza delle informazioni omesse.

L’Autorità – dopo aver collezionato diverse informazioni (sia direttamente ricevute da Telecom, Wind3 e Fastweb che acquisite d’ufficio) nel corso del 2018 – ha stabilito la necessità di avviare i summenzionati procedimenti istruttori in quanto ritiene che le suddette Società avrebbero continuato a perpetrare le pratiche in questione non ottemperando così alla diffida contenuta nei precedenti provvedimenti sanzionatori. Infatti, con riferimento all’assenza di informazioni precise ed adeguate relative alle limitazioni geografiche e tecnologiche dei servizi offerti, l’AGCM ha sottolineato come le Società coinvolte abbiano mantenuto dei claim pubblicitari (sia all’interno dei rispettivi siti web, sia della propria pubblicità cartacea nonché degli spot televisivi) enfatizzanti le prestazioni della connettività a base ‘fibra’ senza indicare chiaramente i limiti dell’offerta, i quali risultano insufficientemente illustrati (come opinione dell’Autorità) sui vari siti internet solo in seguito a determinate ricerche mirate, e non di immediata comprensione, sulle pagine dedicate delle diverse Società. Con riferimento, infine, al prezzo reale delle offerte presentate, l’Autorità ha sottolineato che le Società avrebbero continuato ad omettere l’indicazione circa la maggiorazione di prezzo relativamente al godimento delle massime prestazioni pubblicizzate.

Non ci resta che attendere la fine del procedimento per appurare se l’Autorità deciderà di sanzionare, nuovamente, le tre Società – e per quale ammontare – per aver continuato a perpetrare le condotte contrarie al diritto dei consumatori precedentemente oggetto di diffida da parte dell’AGCM, ponendo così in essere una condotta consistente nella fattispecie di inottemperanza ai sensi dell’articolo 27 del Codice del Consumo.

Luca Feltrin
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Diritto della concorrenza UE / Aiuti di Stato e recupero degli aiuti illegittimi da parte degli Stati membri – La Corte di Giustizia chiarisce l’interpretazione delle norme europee in materia di aiuti di Stato rispetto a un aiuto richiesto successivamente alla conclusione dell’investimento

Con la sentenza pubblicata lo scorso 5 marzo la Corte di Giustizia (CdG) si è pronunciata sulle questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte d’appello di Tallin (Tallinna Ringkonnakohus) nell’ambito di un giudizio volto all’annullamento di una decisione della Fondazione per lo Sviluppo dell’Impresa estone (Ettevõtluse Arendamise Sihtasutus, di seguito EAS). Con tale decisione (la Decisione controversa) l’EAS ordinava la restituzione delle somme dalla medesima versate a favore dell’impresa Eesti Pagar nell’ambito di una misura che la stessa EAS, in autotutela, aveva realizzato essere un aiuto di Stato illegittimo. La Eesti Pagar aveva, infatti, concluso nel 2008 un contratto di compravendita per l’acquisto di una linea di produzione di pane, e, successivamente alla sua efficacia, presentava una domanda di concessione di una sovvenzione per l’acquisto e l’installazione della suddetta linea di produzione, ai sensi della normativa domestica estone, che l’EAS accoglieva l’anno successivo. Peraltro, nel 2013, l’EAS informava la Eesti Pagar che, poiché il contratto di compravendita era stato concluso prima della concessione dell’aiuto, il requisito dell’effetto incentivante dell’aiuto, necessario per legittimarne la concessione senza previa notifica alla Commissione europea (Commissione) ai sensi del Regolamento UE n. 800/2008 in qualità di aiuto a finalità di sviluppo Regionale, non poteva essere stato soddisfatto; di conseguenza, la Eesti Pagar aveva beneficiato di un aiuto di Stato non conforme all’esenzione di categoria e avrebbe dovuto restituirlo. La Eesti Pagar proponeva ricorso avverso la Decisione contestata, che nell’ultima fase della vicenda risultava sottoposto al giudizio della corte Tallinna Ringkonnakohus, che sollevava le seguenti questioni pregiudiziali: (i) se i “…lavori relativi al progetto o all’attività…” devono ritenersi avviati, secondo quanto previsto dal Regolamento UE, precludendo la legittimità dell’aiuto di Stato, quando il contratto di compravendita è già stato concluso; (ii) se un’autorità di uno Stato membro sia assoggettata o meno ad un obbligo di recuperare le somme versate nell’ambito di aiuto di Stato illegittimo; (iii) se la decisione di un’autorità di uno Stato membro che concede un aiuto, ritenendo erroneamente che si tratti di un aiuto legittimo, faccia sorgere un legittimo affidamento nei destinatari sulla conformità dell’aiuto; (iv) quale termine di prescrizione si applichi al recupero; e, da ultimo, (v) se, un’autorità di uno Stato membro ove richieda la restituzione di un aiuto illegittimo, sia obbligata in tale contesto a pretendere dal beneficiario anche la corresponsione degli interessi.

Con riguardo alla prima questione, è utile per la comprensione del caso ricordare che una misura di aiuto adottata da uno Stato membro, se rispetta le pertinenti condizioni previste dal Regolamento n. 800/2008 è esentato dall’obbligo di previa notifica previsto dall’articolo 108 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). La CdG ha confermato che l’anteriorità della domanda di aiuto rispetto all’avvio dell’esecuzione del progetto di investimento costituisce una di tali condizioni (per assicurare che l’aiuto svolga effettivamente un effetto di incentivazione dell’investimento a favore del quale l’aiuto è concesso). La CdG ha quindi su queste basi ritenuto che l’aiuto esaminato non potesse essere considerato legittimo.

In merito all’obbligo in capo all’autorità nazionale di ordinare la restituzione delle somme concesse illegittimamente, la CdG ha precisato che il divieto di esecuzione dei progetti di aiuto ex articolo 108 TFUE è applicabile anche in questa sede, in quanto si estende a qualsiasi aiuto che sia portato ad esecuzione senza essere notificato (con l’eccezione, naturalmente, degli aiuti esenti dall’obbligo di notifica se conformi alle condizioni del _Regolamento 800/2008). Ciò impone al giudice nazionale di adottare le misure idonee a rimediare all’illegittimità della messa ad esecuzione degli aiuti, vincolando, per l’effetto, oltre al giudice, qualsiasi organo amministrativo dello Stato. Infatti, l’obbligo di notifica costituisce uno degli elementi fondamentali del controllo preventivo istituito dall’art. 108 TFUE, e gli Stati membri hanno dunque l’obbligo non solo di notificare alla Commissione qualsiasi misura di aiuto ma anche a non dare attuazione a tale misura fintanto che la Commissione non abbia adottato una decisione definitiva in merito alla misura stessa. Per giunta, solo nel caso in cui una misura di aiuto rispetti le condizioni previste dal Regolamento n. 800/2008 lo Stato concedente può avvalersi dell’esenzione dall’obbligo di notifica: ne consegue che, se un aiuto è stato concesso in applicazione del Regolamento n. 800/2008 ma senza rispettarne le condizioni, deve essere considerato illegittimo, e pertanto ricadente nell’ambito delle misure cui giudice ed organi amministrativi dello Stato hanno il dovere di rimediare.

Per quanto riguarda le altre questioni, la CdG ha stabilito che poiché l’aiuto nel caso di specie era stato concesso in violazione delle procedura di notifica prestabilita, non poteva configurarsi alcun legittimo affidamento in capo al beneficiario di questo; che il termine di prescrizione applicabile sia quello stabilito dal Regolamento CE n. 2988/95, di quattro anni, applicabile alla possibilità di perseguire qualsiasi irregolarità lesiva degli interessi finanziari dell’Unione europea; e, da ultimo, che gli interessi che sarebbero maturati su una somma pari a quella concessa nell’ambito di un aiuto di Stato illegittimo, corrispondendo a un pari indebito vantaggio economico, devono essere obbligatoriamente restituiti in congiunzione con la somma principale.
Con questa sentenza la CdG ha confermato la consolidata giurisprudenza che conferma la centralità del meccanismo di notifica preventiva alla Commissione di qualsiasi progetto di aiuto e che qualsiasi eccezione prevista al medesimo dai regolamenti di esenzione deve essere interpretata in maniera restrittiva.

Riccardo Fadiga