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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 26 febbraio 2024

Diritto della concorrenza – Europa / FSR e settore dei trasporti – La Commissione europea ha avviato la prima istruttoria ai sensi del nuovo Regolamento sulle Sovvenzioni Estere

Lo scorso 16 febbraio, la Commissione Europea (la Commissione) ha avviato la prima istruttoria in tema di appalti ai sensi del nuovo Regolamento UE 2022/2560 relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno, la c.d. Foreign Subsidies Regulation (FSR).

Tale decisione fa seguito ad una notifica presentata lo scorso gennaio da CRRC Qingdao Sifang Locomotive (CRRC), una società in mano pubblica cinese attiva nel settore della produzione di materiale rotabile, nell’ambito di una gara lanciata dal ministero dei trasporti bulgaro per la fornitura di 20 treni elettrici “push and pull” e dei relativi servizi di manutenzione, per un valore contrattuale di circa 610 milioni di euro.

A conclusione dell’esame preliminare della notifica, la Commissione ha ritenuto che fosse necessario avviare la successiva fase istruttoria per un’indagine approfondita sulle sovvenzioni pubbliche ricevute da questo operatore e sui possibili effetti distorsivi che tali sovvenzioni possono produrre sul mercato e sulla presentazione dell’offerta nella gara in esame.

Appare utile al riguardo ricostruire brevemente il quadro normativo di riferimento; com’è noto, contrariamente agli aiuti concessi dagli Stati membri dell’Unione europea, le sovvenzioni estere non possono essere soggette né al divieto, né al controllo preventivo da parte della Commissione ai sensi della disciplina europea sugli aiuti di Stato. Nell’ottica di correggere gli effetti distorsivi di tale situazione e garantire un corretto funzionamento del mercato interno, assicurando condizioni di parità tra gli operatori economici il 12 luglio 2023 è entrata in vigore la FSR (si veda in proposito il commento della presente Newsletter).

Con specifico riferimento alle gare d’appalto, ai sensi dell’art. 28, sussiste l’obbligo per le imprese di notificare, per il tramite della stazione appaltante, alla Commissione la loro partecipazione a gare d’appalto pubbliche sul territorio dell’Unione europea quando (i) il valore stimato del contratto superi i 250 milioni di euro e (ii) i contributi finanziari esteri (ossia i flussi monetari di Stati che non fanno parte dell’Unione europea) ricevuti nei tre anni precedenti la notifica superino i 4 milioni di euro.

La procedura prevede un esame preliminare e, qualora sussistano (come nel caso in esame) evidenze circa una possibile esistenza di una sovvenzione distorsiva, l’avvio di una successiva indagine approfondita che si svolge in contradditorio con l’impresa interessata, la quale può presentare osservazioni e proporre misure di riparazione per rimediare alla eventuale distorsione prodotta sul mercato interno dalle sovvenzioni estere ricevute. In pendenza dell’indagine, l’aggiudicazione del contratto a favore dell’impresa in questione resta sospesa.

Nel caso di specie, non resta che attendere l’esito dell’indagine approfondita, previsto per il 2 luglio 2024.

Parallelamente, in occasione del raggiungimento dei 100 giorni dalla piena applicabilità della FSR, la Commissione ha pubblicato una prima relazione in cui riporta i dati statistici sulle segnalazioni ricevute durante questo lasso di tempo, sia nell’ambito degli appalti pubblici sia con riferimento alle concentrazioni di imprese (anch’esse oggetto di notifica obbligatoria qualora determinate soglie siano superate), nonché alcuni chiarimenti in merito al nuovo quadro normativo. In particolare, è stato reso noto che i servizi della commissione hanno avviato colloqui di pre-notifica in 53 casi. La notifica è stata (finora) effettivamente presentata in 14 casi, ed in relazione a 9 la relativa valutazione è stata completata; in nessuno di questi sono state rilevate informazioni sufficienti circa la presenza di sovvenzioni estere tali da giustificare l’apertura di un’indagine approfondita, né sono state rinvenute prove che le eventuali sovvenzioni ricevute avrebbero distorto il mercato.

La relazione ha inoltre fornito chiarimenti in merito alla corretta identificazione dei contributi finanziari esteri da segnalare e di quelli che possono rientrare nelle categorie considerate distorsive (due concetti distinti): la Commissione ricorda in particolare che l’obbligo di notifica si basa sui contributi finanziari esteri e non se tali contributi costituiscano delle vere e proprie sovvenzioni estere, sottolineando come i primi (contributi finanziari) facciano riferimento, inter alia, a tutti i trasferimenti di fondi o passività, la rinuncia ad entrate, la concessione o l’acquisto di beni o servizi da parte di Paesi terzi, o da parte di un ente pubblico straniero o ente privato, qualora le azioni di quest’ultimo possano essere ricondotte al Paese terzo; mentre le seconde (sovvenzioni) sono quei contributi che contengono dei benefici distorsivi della concorrenza. Pertanto, ricorda la Commissione, il fatto che alcuni o addirittura tutti i contributi finanziari rilevanti siano stati forniti a condizioni di mercato e quindi non conferiscano un vantaggio diretto, o che siano generalmente disponibili e quindi non siano di natura selettiva, è irrilevante per determinare se le soglie previste dalla FSR sono superate. Certamente indicazioni utili e che presumibilmente tengono conto dell’esperienza applicativa concreta maturata finora.

Maria Elisabetta D’angelo

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Concentrazioni e settore delle telecomunicazioni – La Commissione ha autorizzato con condizioni la creazione di una joint venture tra Orange e MásMóvil

Con il comunicato stampa dello scorso 20 febbraio, la Commissione europea (la Commissione) ha approvato la creazione di una joint venture (la JV) tra Orange S.A. (Orange) e MásMóvil (MásMóvil) in Spagna (l’Operazione), condizionandola tuttavia agli impegni presentati dalle parti (gli Impegni).

Orange e MasMovil sono due dei quattro operatori telefonici mobili attivi in Spagna, assieme a Telefónica e Vodafone. In particolare, mentre Orange costituisce un operatore c.d. ‘infrastrutturato’, MásMóvil è un operatore c.d. ‘ibrido’, che opera per il tramite di una propria rete mobile (che non copre tutto il territorio spagnolo) e di un accordo di roaming nazionale con Orange. Sono inoltre presenti una serie di operatori telefonici virtuali (cc.dd. ‘MVNOs’) che offrono servizi di telefonia mobile utilizzando le infrastrutture degli operatori infrastrutturati. In Spagna, il più importante operatore telefonico virtuali è Digi.

In seguito alla notifica nel febbraio 2023, la Commissione ha avviato il 3 aprile 2023 un’indagine approfondita – “c.d. fase II” – per valutare i rischi concorrenziali derivanti dall’Operazione.

La Commissione ha infatti ritenuto che l’Operazione, che combinerà il secondo con il quarto operatore spagnolo, avrebbe potuto significativamente ridurre la dinamica competitiva nei mercati per la fornitura al dettaglio di (i) servizi di telecomunicazione mobile, (ii) servizi di accesso internet a rete fissa, nonché (iii) ‘multiple-play bundles ossia pacchetti di servizi differenti inclusi in una determinata offerta commerciale. Secondo la Commissione, l’Operazione avrebbe infatti potuto condurre ad un incremento sostanziale dei prezzi di oltre il 10% a seguito della riduzione del numero degli operatori attivi in Spagna.

Orange e MásMóvil hanno quindi presentato gli Impegni, in base ai quali la Commissione ha autorizzato l’Operazione: (i) cessione di parte dello spettro detenuto da MásMóvil a Digi, precisamente tre bande di frequenza di cui due medie (1,800 MHz e 2,100 MHz) ed una alta (3.5GHz) in modo da permettere a Digi di realizzare una propria rete mobile; nonché (ii) stipula di un accordo di roaming nazionale con JV in modo da offrire a Digi la possibilità di usufruire della sua rete. L’accordo in questione è facoltativo e quindi Digi potrà decidere se rimanere con il suo attuale fornitore (Telefónica) oppure utilizzare la rete di un altro operatore (Vodafone).

La Commissione ha ritenuto quindi che l’Operazione potrà essere realizzata solo in maniera condizionata all’attuazione di impegni idonei a creare un nuovo operatore con una propria rete.

Un approccio, questo, non esente da critiche da parte di chi sottolinea la necessità di autorizzare una maggiore concentrazione nel settore onde permettere adeguati investimenti in reti sempre più performanti e in grado di accompagnare lo sviluppo dell’economia digitale e dell’industria 5.0 (si vedano in proposito, inter alia, le istanze evidenziate nel white paper oggetto di commento nella presente Newsletter).

Giulia Taglioni

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Aiuti di Stato e settore energetico – Pubblicate le conclusioni dell’AG Campos in merito alla necessità da parte della Commissione di qualificare come “aiuto” le misure oggetto di indagine

Lo scorso 22 febbraio, l’Avvocato Generale Campos (l’AG) ha presentato le proprie conclusioni nell’ambito del ricorso presentato dalla Commissione europea (la Commissione) dinanzi alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (la CGUE) avverso la sentenza del Tribunale dell’Unione Europea (il Tribunale) che aveva annullato la decisione della Commissione che aveva stabilito la compatibilità con il mercato interno di una misura dei Paesi Bassi volta ad agevolare alla dismissione delle centrali elettriche a carbone senza previamente averla definita un aiuto di Stato.

Ripercorrendo brevemente i fatti, nel 2019 i Paesi Bassi avevano notificato alla Commissione – ai sensi della direttiva (UE) 2015/1525 che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche – un disegno di legge sul divieto di utilizzo del carbone per la produzione di energia elettrica. Sebbene non notificato, dunque, ai sensi dell’articolo 108 paragrafo 3 TFUE relativo agli aiuti di Stato, la Commissione ha inviato ai Paesi Bassi in relazione al tale progetto alcune richieste di informazioni. Nelle risposte era sempre stato argomentato che l’indennità prevista dalla legge per la chiusura anticipata delle centrali non costituiva un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107 paragrafo 1 TFUE.

La Commissione, nel maggio del 2020 aveva quindi adottato nel caso SA.54537 la decisione con la quale aveva ritenuto che la misura (adottata ai sensi della normativa in parola) concedente un’indennità di 52,5 milioni di euro alla società Vattenfall per la chiusura anticipata della centrale Hemweg 8 era comunque compatibile con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107 paragrafo 3 TFUE (in materia di aiti di Stato) senza tuttavia essersi pronunciata sulla natura di “aiuto di Stato” della misura in questione (la Decisione). Secondo la Commissione “…non [era] […] necessario trarre una conclusione definitiva […]in merito alla questione se la misura conferi[sse] o meno un vantaggio al gestore e costitui[sse] quindi un aiuto di Stato, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, poiché, anche in presenza di un aiuto di Stato, [essa] rit[eneva] che la misura [fosse] compatibile con il mercato interno…”. Il Tribunale, a seguito del ricorso dei Paesi Bassi, che chiedevano rimedio alla situazione di incertezza generata dalla mancata definizione della misura, ha annullato la Decisione rilevando l’impossibilità per la Commissione – ai sensi di quanto previsto sia dall’articolo 107 paragrafo 3 TFUE, sia dall’articolo 4 paragrafo 3 del regolamento 2015/1589 recante le modalità di applicazione dell’articolo 108 TFUE – di dichiarare una misura compatibile con il mercato interno senza averla previamente qualificata come aiuto di Stato.

Con le proprie conclusioni, l’AG argomenta che il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto che “…la Commissione non dispone in nessun caso della competenza di adottare una decisione che dichiari la compatibilità di una misura statale con il mercato interno, se non l’ha previamente qualificata come aiuto di Stato [e che] tale tesi è viziata da un errore di diritto che occorre correggere”. Secondo l’AG, il ricorso in oggetto dovrebbe concentrarsi sul punto se il regime di controllo degli aiuti di Stato debba essere oggetto di una interpretazione restrittiva ovvero di una interpretazione “integrata” e “funzionale”.

L’AG supporta la seconda interpretazione, legata al presupposto che la legittimità di qualsiasi aiuto di Stato è subordinata alla valutazione sulla compatibilità con il mercato interno. Nel caso di specie, “…indipendentemente dal fatto che si tratti o meno di un aiuto ai sensi dell’articolo 107 paragrafo 1 TFUE, ciò che rileva è che, in ogni caso, la misura di cui trattasi non aveva effetti negativi indebiti sulla concorrenza…”, fosse stato altrimenti, la Commissione avrebbe aperto un’indagine formale ai sensi dell’articolo 108 paragrafo 2 TFUE.

In definitiva, l’AG ritiene che la Commissione sia competente e possa legittimamente valutare la compatibilità con il mercato interno di una misura che non ha previamente qualificato come aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. L’unico obbligo di una siffatta definizione preventiva sarebbe relativo ai casi in cui la Commissione ritenesse invece di dichiarare l’incompatibilità con il mercato interno della misura in questione.

Le conclusioni in commento risultano di particolare interesse in quanto forniscono alla CGUE l’opportunità di pronunciarsi su una questione estremamente rilevante per il regime di controllo degli aiuti concessi dagli Stati e suggeriscono un approccio secondo cui, almeno ai fini di una dichiarazione di compatibilità con il mercato interno, non sarebbe necessario accertare in primo luogo la natura di aiuto di Stato della misura oggetto di analisi. Non resta adesso che attendere la sentenza della CGUE e osservare se si mostrerà in linea con quanto suggerito dall’AG.

Fabio Bifarini

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Legal News / Infrastrutture digitali – La Commissione ha pubblicato un white paper avviando la consultazione sul futuro delle infrastrutture digitali

Con il comunicato stampa del 21 febbraio, la Commissione europea (la Commissione) ha annunciato la pubblicazione di un white paper nel quale vengono analizzati i principali obiettivi da realizzare nei prossimi anni al fine di promuovere l’innovazione, la sicurezza e la resilienza delle infrastrutture digitali in Europa. Al contempo, sono stati presentati 12 scenari con quali la Commissione delinea delle soluzioni riguardo tali obiettivi, e sulle quali ha avviato una consultazione con gli Stati membri e i soggetti interessati.

Se da un lato la Commissione evidenzia la necessità di potenziare le infrastrutture digitali (in termini di diffusione territoriale, velocità ed innovazione) in quanto ritenute essenziali per garantire la competitività dell’economia europea nel prossimo futuro, ha dall’altro rilevato che (i) la copertura della fibra ottica si estende a circa il 55% delle abitazioni dell’Unione, rendendo l’obiettivo dell’80% entro il 2028 (e del 100% entro il 2030) di difficile realizzazione, (ii) la copertura 5G è spesso concentrata nelle aree metropolitane e non sempre di tecnologia “standalone” (caratteristica per cui non è necessario l’appoggio alla rete 4G, garantendo una maggiore velocità di connessione, minor latenza e una migliore copertura e sicurezza). L’ammontare degli investimenti necessari per ammodernare tali infrastrutture è, secondo le stime della Commissione, pari a circa 200 miliardi di euro.

Sulla scorta delle considerazioni appena illustrate, nel white paper vengono identificati alcuni obiettivi principali. In primo luogo, la realizzazione del mercato unico per le telecomunicazioni mediante l’armonizzazione della regolamentazione del settore telco (ad esempio, nelle procedure di autorizzazione o in una governance a livello europeo). In proposito, taluni hanno individuato un possibile favor verso operazioni di concentrazione dirette a ridurre la frammentazione del mercato e favorire l’incremento degli investimenti. Il white paper, tuttavia, non prende una chiara posizione sul punto e sembra favorire piuttosto operazioni cross-border.

In tale ambito, la Commissione delinea ulteriori punti da attuare, tra cui la dismissione del rame in favore della fibra ottica. Questo dovrebbe garantire un maggiore take-up (ossia un aumento dei soggetti utilizzatori della fibra ottica sul totale degli individui che vi hanno accesso), cruciale per far recuperare gli investimenti agli operatori, nonché un’infrastruttura più sostenibile grazie al minor consumo energetico. Sebbene delle linee guida su tale migrazione sono già indicate nella Raccomandazione Gigabit (la proposta è stata oggetto di commento nella presente Newsletter), la Commissione auspica di identificare un processo chiaro al fine di incentivare ulteriori investimenti, mettendo in guardia da condotte strategiche (ad esempio, di lock-in) da parte di operatori con un particolare potere di mercato.

La Commissione caldeggia inoltre la nascita di una rete di “Connected Collaborative Computing” finalizzata a potenziare le infrastrutture IT. Per realizzare ciò, nel white paper si ipotizza di ricorrere ad un importante progetto di comune interesse europeo, ovvero a progetti pilota su larga scala.

Da ultimo, la Commissione – così come illustrato nella propria Raccomandazione – si prefigge di rendere più sicure le infrastrutture dei cavi sottomarini, le quali assumono importanza dirimente nello scambio dei dati. Sul punto, la Commissione delinea come possibili scenari sia una governance congiunta a livello europeo, sia una revisione degli strumenti disponibili per stimolare gli investimenti privati nel settore.

Non resta che attendere l’esito della consultazione e quali misure intenderà adottare la Commissione nel contemperare le richieste dei vari portatori di interessi, in un settore caratterizzato da una particolare complessità tecnica.

Giuseppe Schinella

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Conflitto di attribuzione – Sul rapporto tra la questione di costituzionalità e la disapplicazione per contrarietà al diritto UE

Con la sentenza del 14 febbraio scorso, la Corte costituzionale si è espressa sull’incostituzionalità di una legge regionale in contrasto con il diritto EU sottolineando l’importanza di preferire una pronuncia di incostituzionalità rispetto alla semplice disapplicazione della norma interna contrastante la disciplina UE.

Secondo la Corte, infatti, solamente la dichiarazione d’ incostituzionalità consente di ottenere una sentenza ad efficacia erga omnes, poiché diversamente, il giudice a quo può esclusivamente disapplicare la norma nazionale illegittima, la cui efficacia si limita al caso di specie.

La sentenza è stata pubblicata in relazione ad un ricorso per conflitto di attribuzione presentato dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (la Regione) avverso lo Stato, nella figura del Tribunale ordinario di Udine.

La vicenda trae origine dal ricorso presentato da una giovane coppia al Tribunale di Udine avverso le modalità discriminatorie di partecipazione alla domanda per l’assegnazione di un alloggio prima casa della Regione Friuli. I ricorrenti hanno impugnato il regolamento della giunta n.144/2016, posto in attuazione della legge regionale 1/2016 (riforma organica delle politiche abitative), perché disponeva solo per i cittadini comunitari, e non anche per i cittadini extracomunitari, che la dimostrazione del mancato possesso del diritto di proprietà di immobili, potesse pervenire attraverso autocertificazione.

Con ordinanza del febbraio 2023 il Tribunale di Udine ha accolto il ricorso per violazione della Direttiva 2003/109/CE art. 11 del Parlamento europeo e del Consiglio che vieta discriminazioni tra cittadini comunitari ed extracomunitari per l’accesso all’edilizia agevolata e ordina alla Regione di modificare il regolamento attuativo, nella parte in cui prevede la disparità di trattamento.

La Regione ha quindi presentato ricorso alla Corte costituzionale per conflitto di attribuzione in quanto ritiene che lo Stato, e per esso il Tribunale di Udine, abbia invaso la sfera di attribuzione riservatale dalla Costituzione e dallo Statuto Speciale n.1 del 1963, e abbia leso il potere legislativo ad essa riservato.

Secondo la Corte, la pronuncia del Tribunale si pone in contrasto con i limiti della giurisdizione rispetto ai poteri regolamentari e amministrativi, non potendo il giudice ordinare la modifica di atti normativi, potere riservato esclusivamente alla Corte stessa. La statuizione della Corte prosegue poi specificando che qualora fosse necessaria una efficace rimozione della norma illegittima, anche pro-futuro, in grado di garantire una uniforme applicazione del diritto e alla costruzione di tutele sempre più integrate, si renderebbe necessario sollevare la questione di legittimità costituzionale. Diversamente, l’unica alternativa sarebbe rappresentata dalla non applicazione per contrasto al diritto UE, la quale però impedirebbe soltanto che tale atto abbia efficacia nel caso di specie.

Giulia Valenti

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