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Newsletter

Newsletter giuridica di concorrenza e regolamentazione - 11 marzo 2024

Diritto della concorrenza – Europa / Tutela della concorrenza e Commissione europea –Pubblicata la relazione annuale relativa al 2023

Il 6 marzo scorso, la Commissione europea (la Commissione) ha pubblicato la propria relazione annuale in materia di concorrenza (la Relazione), relativa al 2023.

In apertura, la Relazione indica che le attività della Commissione hanno avuto un duplice obiettivo. In primo luogo, la Commissione ha applicato le misure in precedenza adottate per minimizzare gli effetti della crisi economica e geo-politica dovuti dalla guerra in Ucraina. In proposito viene fatto riferimento all’eccezionale numero di misure statali analizzate ai sensi della disciplina degli aiuti di Stato e, in particolare, del Temporary Crisis and Transition Framework volto a fronteggiare non solo l’urgente e più immediato problema dell’approvvigionamento energetico come conseguenza della crisi ma anche ad affrontare, con un’ottica di lungo termine, la necessità per l’Unione Europea di ridurre la sua dipendenza dai combustibili fossili promuovendo la diffusione di energie rinnovabili per accelerare la transizione verso un’economia a zero emissioni nette.

In secondo luogo, la Commissione ha diretto i suoi sforzi verso la realizzazione degli obiettivi di policy della sua agenda, ossia la promozione (i) della transizione digitale; (ii) della transizione c.d. “verde”; e (iii) dello “sviluppo di un’economia al servizio delle persone”.

L’attuazione di tali obiettivi è promossa, anzitutto, mediante modifiche agli strumenti legislativi e alle linee guida e comunicazioni che informano le valutazioni della Commissione. In questa sede può essere utile menzionare la nuova comunicazione sulla definizione del mercato rilevante (di cui abbiamo discusso in questa Newsletter), le linee guida per la valutazione degli accordi di cooperazione orizzontali e le modificate linee guida sull’applicazione dell’articolo 102 TFUE. Inoltre, è utile ricordare che è attualmente in corso la valutazione del Regolamento 1/2003 in collaborazione con le autorità nazionali della concorrenza. Infine, sono richiamate anche l’adozione del Digital Market Act (della cui attuazione si parla in questa Newsletter) e del Foreign Subsidies Regulation (abbiamo discusso dei primi 100 giorni della sua applicazione in questa Newsletter).

La Relazione prosegue con la descrizione di alcuni dei più rilevanti procedimenti in materia antitrust, di controllo delle concentrazioni e di aiuti di Stato per spiegare come questi possano contribuire al raggiungimento degli obiettivi sopra indicati.

In particolare, con riferimento alla transizione digitale, viene citata, ad esempio, la riadozione della sanzione a carico di Intel per abuso di posizione dominante in relazione alla fornitura dei CPU, mercato essenziale per l’intero settore digitale.

In relazione alla transizione c.d. “verde”, la Commissione è stata attiva soprattutto nel sanzionare le condotte che potrebbero impedire il raggiungimento di questo obiettivo. A tal proposito, viene citata, ad esempio, la sanzione inflitta alla società Lantmännen per un’intesa relativa al meccanismo di formazione dei prezzi all’ingrosso dell’etanolo. Inoltre, nel valutare operazioni di concentrazioni nei settori delle energie rinnovabili, infrastrutture per il riciclo nonché per il gas e l’elettricità, la Commissione considera l’eventuale impatto della concentrazione sul raggiungimento di obiettivi di sostenibilità. Ad esempio, è stata ricordata l’acquisizione di MBCC da parte di Sika, società attive nella produzione di sostanze chimiche che contribuiscono a diminuire le emissioni di anidride carbonica nella produzione del cemento, che è stata autorizzata con impegni.

Infine, con riguardo allo sviluppo di un’economia a servizio delle persone, la Commissione ha ricordato alcuni procedimenti nei settori finanziario e assicurativo, ad esempio il cartello sugli euro-bond e l’operazione di concentrazione tra Credit Suisse e UBS, in cui la Commissione ha concesso una deroga alla regola generale di standstill fino all’autorizzazione, in considerazione del rischio sistemico laddove all’operazione non fosse data attuazione al più presto.

La Relazione, infine, termina con un rendiconto delle altre attività che vengono svolte dalla Commissione, ossia attività di advocacy e di collaborazione con soggetti terzi, tra cui le autorità nazionali della concorrenza nonché organismi internazionali quali, ad esempio, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico.

La Relazione, pubblicata ogni anno, costituisce un documento utile al fine di individuare non solo le direttrici del pensiero e dell’attività che la Commissione ha perseguito, ma anche di ottenere una panoramica sullo sviluppo e sull’enforcement in materia di diritto della concorrenza per cogliere trend indicativi anche degli scenari futuri.

Sabina Pacifico

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Digital Markets Act – La Commissione europea ha pubblicato la prima relazione annuale sull’attuazione del DMA

Lo scorso 6 marzo la Commissione europea (la Commissione) ha pubblicato la prima relazione annuale 2023 sull’attuazione del Regolamento UE 2022/1925, noto anche come Digital Markets Act (il DMA) (la Relazione). Lo scopo della Relazione è quello di fornire una panoramica sull’attività finora svolta dalla Commissione nonché evidenziare i progressi compiuti nel conseguimento degli obiettivi stabiliti dal DMA stesso.

La Relazione fornisce innanzitutto una panoramica dei soggetti che sono attualmente designati come gatekeepers, ossia quei soggetti che sono vincolati al rispetto della normativa in questione in quanto detengono, in maniera stabile e duratura un servizio di piattaforma di base che costituisce un punto di accesso (c.d. gateway) importante affinché gli utenti commerciali raggiungano gli utenti finali. La Commissione ritiene che questi rivestano tale qualifica attualmente in relazione complessivamente a ventidue servizi, tra i quali servizi di social network (TikTok, Facebook, Instagram e LinkedIn), servizi di comunicazione interpersonale indipendenti dal numero (Whatsapp e Messenger), sistemi operativi (Google Android, iOS e Windows PC OS) e servizi di intermediazione online (ad esempio, Google Maps, Amazon Marketplace e App Store). Il novero di tali servizi potrebbe presto aumentare, in quanto la Commissione ha recentemente reso noto di aver ricevuto tre nuove notifiche ai sensi dell’articolo 3 DMA da parte di X (ex Twitter), Booking.com e ByteDance (quest’ultima con riferimento al servizio TikTok Ads).

La Relazione ricorda inoltre che il superamento delle soglie quantitative che fanno sorgere l’obbligo di notifica alla Commissione di cui all’articolo 3 DMA comporta unicamente una presunzione che il soggetto notificante rivesta la qualifica di gatekeeper; il soggetto obbligato può infatti presentare contro argomentazioni volte a ribaltare detta presunzione, così come avvenuto con successo nel caso di Samsung Internet Browser, Outlook e Gmail, nonché di iMessage, Bing, Edge e Microsoft Advertising (questi ultimi recentemente esclusi dai servizi rilevanti ai fini del DMA ad esito di un market test).

La Relazione si sofferma poi sull’attuazione degli obblighi stabiliti in capo ai gatekeepers, tra cui l’inserimento nella propria struttura organizzativa di compliance officer indipendenti ai sensi dell’articolo 28 DMA, e l’obbligo previsto dall’articolo 14 DMA di informare la Commissione di tutti i loro progetti di concentrazione ove la target sia una società che (i) offre servizi di piattaforma di base, (ii) offre servizi digitali di altro tipo o (iii) consenta la raccolta di dati. Con riferimento a quest’ultimo obbligo, nell’autunno scorso sono pervenute alla Commissione tre comunicazioni. Solo per due di queste si hanno al momento informazioni pubblicamente disponibili, ossia l’acquisizione di Activision Blizzard da parte di Microsoft (già commentata in questa Newsletter) e l’acquisizione di Blueye Limited, società che offre contatori digitali e analogici, da parte di Apple. È proprio questa seconda operazione a rivestire particolare importanza in quanto conferma la capacità di questo strumento di far “emergere” le c.d. operazioni sottosoglia (ossia quelle non notificabili alla Commissione o ad alcuna autorità nazionale della concorrenza (le ANC) non essendo superate le relative soglie prestabilite di fatturato), offrendo così la possibilità alla Commissione, ad esempio, di richiedere alle ANC un rinvio ex articolo 22 del Regolamento europeo sul controllo delle concentrazioni.

La Relazione offre inoltre alcune informazioni sulle proprie iniziative di coordinamento con le varie autorità nazionali, in particolare le ANC. Sul punto si evidenzia che la sede principale di tale coordinamento è l’European Competition Network (ECN) e che sul finire del 2023 una ANC ha informato la Commissione, ai sensi dell’articolo 38(3) DMA, delle misure che intende imporre ad un gatekeeper ai sensi del diritto nazionale della concorrenza. Infine, la Relazione dà conto anche dell’istituzione del Gruppo di Alto Livello per il DMA, ossia quell’organismo costituito dai rappresentanti delle reti e dagli organismi europei in tema di concorrenza, comunicazioni elettroniche, servizi di media audiovisivi, protezione dei dati e dei consumatori, che ha il compito di supportare la Commissione con funzioni di consulenza e raccomandazione.

Quello in commento risulta essere, al pari delle consolidate relazioni annuali in tema di diritto della concorrenza (in commento anche in questa Newsletter), un utile strumento per comprendere i più importanti sviluppi in materia di regolamentazione dei servizi digitali. Non resta quindi che attendere di sapere se X e Booking.com si aggiungeranno ai gatekeepers già designati e di vedere se si renderà necessario l’intervento della Commissione per far rispettare a questi ultimi gli obblighi di cui agli articoli 5, 6 e 7 DMA, divenuti pienamente efficaci rispetto ai gatekeepers già designati proprio lo scorso 7 marzo (ossia, decorsi sei mesi dalla designazione). Nel frattempo, tutti i gatekeepers hanno pubblicato le rispettive relazioni di conformità volte a descrivere le misure adottate finora per il rispetto di detti obblighi, che saranno oggetto di valutazione da parte della Commissione dopo che gli operatori di mercato avranno avuto la possibilità di presentare le proprie osservazioni partecipando ai rispettivi seminari sulla conformità.

Niccolò Antoniazzi

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Diritto della concorrenza – Italia / Concentrazioni e settore del trasporto merci marittimo – A seguito dell’esercizio dei propri poteri di call-in per operazioni sotto-soglia, l’AGCM avvia la Fase II in Ignazio Messina/Terminal San Giorgio

Con il provvedimento n. 31066 adottato lo scorso 27 febbraio 2024 (la Decisione), l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (l’AGCM) ha deliberato l’avvio della c.d. Fase II con riguardo alla proposta di acquisizione di Terminal San Giorgio S.r.l. (TSG), impresa fornitrice di servizi di terminal a terzi attiva nel porto di Genova, da parte di Ignazio Messina & C. S.p.A. (IM&C), impresa attiva inter alia nella gestione di un terminal nel medesimo porto, nonché nei servizi di trasporto marittimo di merci, e soggetta al controllo congiunto di Gruppo Messina S.p.A. (Gruppo Messina) e di Marinvest S.r.l. (Marinvest), società del gruppo MSC (il Gruppo MSC) (l’Operazione).

La Decisione in commento risulta particolarmente rilevante – prima ancora che sotto il profilo sostanziale – sotto quello procedimentale, per diverse ragioni.

In primo luogo, infatti, la Decisione rappresenta uno dei primi casi di applicazione, da parte dell’AGCM, dei poteri di richiedere la notifica (c.d. call-in) di operazioni di concentrazione che non raggiungono le soglie fissate dall’art. 16, comma 1 della legge n. 287/1990, e che pertanto non sarebbero in principio soggette ad alcun obbligo di notifica all’AGCM, nonché il primo caso in assoluto di avvio della c.d. Fase II a seguito dell’esercizio di tali poteri.

Come noto, il comma 1-bis inserito nell’art. 16 della legge n. 287/1990 dalla Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza 2021, n. 118/2022 consente ora all’AGCM di ordinare alle parti coinvolte in un’operazione di concentrazione sotto-soglia di notificare detta operazione, laddove (i) sia soddisfatta una sola delle soglie di cui all’art. 16, comma 1 (ossia, il fatturato totale realizzato a livello nazionale dall’insieme delle imprese interessate sia superiore a 532 milioni di euro, oppure il fatturato totale realizzato individualmente a livello nazionale da almeno due delle imprese interessate sia superiore a 32 milioni di euro), oppure (ii) il fatturato totale realizzato a livello mondiale dalle imprese interessate sia superiore a 5 miliardi di euro, nonché (iii) qualora sussistano concreti rischi per la concorrenza nel mercato nazionale o in una sua parte rilevante, e (iv) non siano trascorsi oltre sei mesi dall’eventuale perfezionamento dell’operazione.

Sebbene nel caso di specie il fatturato di TSG nel corso del 2022 sia risultato inferiore alla soglia dei 32 milioni di euro, l’AGCM ha ritenuto comunque di ordinare la notifica dell’Operazione.

Sempre sul piano procedimentale, inoltre, la Decisione rappresenta la prima ipotesi di avvio della c.d. Fase II nel nuovo termine di 90 giorni dalla notifica dell’operazione (anziché entro 45 giorni dalla medesima notifica, come previsto dalla legge n. 287/1990 prima della novella introdotta con la Legge Annuale per il Mercato e la Concorrenza 2022, n. 214/2023).

Sul piano sostanziale, l’avvio della Fase II è giustificato, ad avviso dell’AGCM, sulla base dei rischi concorrenziali – sia orizzontali, sia verticali – che emergerebbero nel mercato dei servizi di terminal per merci su rotabili (esteso, sul piano geografico, dal porto di Vado Ligure al porto di Genova e, al più, al porto della Marina di Carrara), nonché nei correlati mercati verticalmente collegati.

In particolare, la Decisione evidenzia come dalle risultanze istruttorie preliminari emergerebbe la possibilità che, post-merger, il Gruppo Messina e Marinvest avrebbero sia “l’abilità”, sia “l’incentivo” ad adottare politiche di esclusione parziale dei concorrenti e, secondo quanto riporta la Decisione, specialmente nei confronti del Gruppo Grimaldi, sotto forma di un aumento dei costi dei servizi terminalistici e/o nella limitazione degli spazi a sua disposizione.

In punto di “abilità” ad escludere, essa risiederebbe nella circostanza che le aree del porto di Genova attualmente gestite in concessione da TSG non sono facilmente sostituibili, in quanto non sussisterebbe – né nel medesimo porto di Genova, né negli altri porti rientranti nel medesimo mercato rilevante – capacità non utilizzata sufficiente a sostituire quella delle aree gestite da TSG.

In punto di “incentivo”, invece, l’AGCM evidenzia come – a seguito di un ipotetico aumento del prezzo dei servizi offerti (in particolare, al Gruppo Grimaldi) – la diminuzione dei ricavi derivante da un’eventuale riduzione del traffico rotabili potrebbe essere più che compensata (i) dai maggiori ricavi del suo principale concorrente, GNV (laddove quest’ultimo riuscisse a “catturare” i clienti persi dal primo), nonché (ii) da una migliore ottimizzazione delle risorse portuali attualmente a disposizione del Gruppo Messina.

La Decisione in commento appare di notevole interesse, in quanto dimostra come l’AGCM sia intenzionata ad utilizzare i nuovi poteri di revisione delle operazioni sotto-soglia anche in settori economici tradizionali, significativamente distanti da quelli per i quali la novella del 2022 era stata inizialmente concepita (come i mercati digitali e il settore farmaceutico). Non resta, dunque, che attendere l’esito dell’istruttoria.

Ignazio Pinzuti Ansolini

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Poteri istruttori e Decreto Asset – L’AGCM ha avviato una consultazione pubblica sullo schema di Comunicazione relativa alla disciplina procedurale delle indagini conoscitive

Con la delibera pubblicata lo scorso 5 marzo, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha avviato una consultazione pubblica – della durata di 30 giorni dalla pubblicazione della stessa – sullo schema di Comunicazione (la Comunicazione) con la quale sono definite le regole sulle indagini conoscitive ai sensi del Decreto-Legge 10 agosto 2023, n. 104, c.d. Decreto Asset, come recentemente modificato e convertito con Legge 9 ottobre 2023, n. 136.

Giova ricordare che con i poteri introdotti dal Decreto Asset, l’AGCM, qualora nell’ambito di una indagine conoscitiva ravvisasse problemi concorrenziali che ostacolino il corretto funzionamento del mercato, può imporre misure strutturali o comportamentali al fine di eliminare tali distorsioni, a prescindere dall’accertamento di una violazione dell’art. 101 (sulle intese restrittive della concorrenza) o 102 (sulle condotte abusive) del TFUE ovvero delle equivalenti norme nazionali. Alla luce del tenore letterale delle disposizioni del Decreto Asset, detti poteri sembravano esercitabili solo con riferimento al settore del trasporto aereo (si veda l’indagine oggetto di commento nella presente Newsletter).

Sennonché, con il parere reso in data 29 gennaio 2024 (anch’esso oggetto di commento nella presente Newsletter), il Consiglio di Stato (CdS) ha riconosciuto all’AGCM – in via interpretativa – il potere di condurre tali indagini conoscitive senza restrizioni di ordine settoriale o merceologico e, se del caso, imporre le misure sopra illustrate.

La Comunicazione in commento si inserisce nel solco tracciato dal CdS, dettando la procedura che l’AGCM dovrà seguire nel corso delle future indagini conoscitive, la quale appare caratterizzata da una struttura bifasica.

In primis, nei casi in cui l’AGCM intenda procedere ad una indagine conoscitiva, adotta una decisione di avvio nella quale sono indicati, inter alia, l’oggetto dell’indagine e gli eventuali problemi concorrenziali prospettati.

In questa prima fase l’AGCM può, da un lato, utilizzare sia i poteri ispettivi di cui essa dispone nelle istruttorie sulle condotte delle imprese (ossia, formulare richieste di informazioni, convocare in audizione, procedere con ispezioni presso le imprese interessate) ma anche indire consultazioni pubbliche. Con apposita delibera, l’AGCM può, mediante un rapporto preliminare, decidere di illustrare gli esiti degli approfondimenti conoscitivi effettuati. Entro 30 giorni dalla pubblicazione di detto rapporto, i soggetti interessati possono presentare le proprie osservazioni, anche con riferimento ad eventuali misure tese a superare i problemi concorrenziali oggetto dell’indagine conoscitiva.

Al termine di tale prima fase l’AGCM può (i) adottare il provvedimento di chiusura dell’indagine conoscitiva qualora, alla luce degli elementi acquisiti, non riscontri la sussistenza dei problemi concorrenziali paventati, ferma restando la possibilità di: formulare raccomandazioni al legislatore o avviare un’istruttoria nei confronti di specifiche imprese ai sensi del D.P.R. n. 217/1998 qualora nel corso dell’indagine siano emersi elementi di presunzione in merito a violazioni del diritto della concorrenza, ovvero di abuso di dipendenza economica, ovvero (ii) avviare una seconda fase adottando una delibera nella quale sono fornite le risultanze conoscitive (DRC) e nella quale sono indicati: i profili anticoncorrenziali emersi nel corso dell’indagine conoscitiva; le possibili tipologie di misure che l’AGCM potrebbe adottare; le imprese potenzialmente destinatarie di tali misure; e il termine per presentare memorie ed eventuali impegni. Allo scadere di tale termine l’AGCM – qualora non siano stati presentati degli impegni dalle parti interessate o questi siano stati rigettati – se ritiene di imporre le misure strutturali o comportamentali di cui all’art. 1, comma 5 del Decreto Asset, può procedere nel disporre le misure che ritiene necessarie per risolvere le criticità concorrenziali.

Con la Comunicazione in commento, l’AGCM si appresta ad utilizzare nel prossimo futuro tali nuovi poteri che le sono stati riconosciuti in via interpretativa dal CdS in funzione consultiva. Poteri che sono potenzialmente in grado di incidere pervasivamente sulla struttura dei mercati a prescindere dalla violazione dell’art. 101 e/o 102 TFEU ovvero dalla realizzazione di operazioni di concentrazione. Non resta ora da attendere come l’AGCM eserciterà in concreto l’ampia discrezionalità della quale si è ritrovata a disporre nell’ambito di tali indagini conoscitive e se, in un’eventuale impugnativa di una sua decisione assunta in tale contesto, verranno sollevati profili di legittimità costituzionale.

Giuseppe Schinella

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Appalti, concessioni e regolazione / Appalti e cause di esclusione – Il Tar Puglia legittima la mancata presentazione del “Do No Significant Harm” come causa di esclusione dalla procedura

Con sentenza del 4 marzo scorso, il TAR Puglia, Bari, ha legittimato l’esclusione dalla procedura di gara fondata sulla mancata presentazione della certificazione sul rispetto del principio c.d. “do no significant harm” (DNSH) agli obiettivi ambientali. È un principio recentemente codificato con il Regolamento (UE) 2020/852 e con il Regolamento (UE) 2021/241 che si applica alle misure finanziate con i fondi europei del PNRR.

La vicenda nasce nell’ambito di una procedura di gara che il Comune di Bari ha indetto nel 2023 per l’acquisto di 99 bus elettrici finanziata con i fondi PNRR. All’interno del capitolato di gara, il Comune aveva pertanto specificato che i concorrenti dovevano necessariamente presentare nell’offerta tecnica anche la certificazione sul DNSH, a pena di inammissibilità.

La società ricorrente ha presentato un’offerta senza questa certificazione e, pertanto, è stata esclusa dalla procedura. In tale contesto, la società ha impugnato il provvedimento di esclusione di fronte al TAR che ha respinto il ricorso con la sentenza in esame.

La sentenza è interessante per due ragioni.

In primo luogo, essa rappresenta una delle prime applicazioni giurisprudenziali del principio europeo relativo al do no significant harm, che è destinato a trovare largo utilizzo in relazione alla realizzazione di interventi finanziati con i fondi del PNRR.

In secondo luogo, nel legittimare l’esclusione della società ricorrente, il TAR ritiene che il documento richiesto sia un elemento essenziale dell’offerta tecnica. Senza il documento, infatti, la stazione appaltante non potrebbe compiere la necessaria verifica circa il rispetto del principio “do no significant harm”. La decisione esclude così la violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione di cui all’articolo 10 del decreto legislativo n. 36/2023.

Giulia Valenti

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